NIKE VAPORFLY: LA SCARPA DEI RECORD
Nel 2016 Eliud Kipchoge vinse le Olimpiadi correndo con ai piedi un prototipo di quelle che poi nel 2017 vennero commercializzate come Nike Vaporfly4%.
il 4% non è altro che il miglioramento del rendimento di corsa dichiarato che, secondo la casa produttrice, consentirebbe di ottenere rispetto ad un qualsiasi altro paio di calzature da running.
Queste scarpe infatti, sono dotate di uno spessore di intersuola superiore alla norma (Heel height di 40mm), formate da una schiuma brevettata (ZoomX) con all’interno una piastra rigida in carbonio. Non fu la prima (e non sarà neanche l’ultima) scarpa in commercio uscita con questi proclami; non a caso, gli addetti ai lavori non ci fecero caso più di tanto, ipotizzando come quel 4% fosse eccessivamente sovrastimato.
Ma stavolta le cose andarono in maniera diversa.
Infatti, il 16 Settembre 2018, Eliud Kipchoge stabilì il record del mondo in maratona a Berlino in 2h01’39”, indossando le Vaporfly.
Nell’Ottobre 2019 Brigid Kosgei fece il record del mondo femminie della maratona in 2h14’04” con ai piedi le Vaporfly.
Dal 2017 al 2019 tutte le maratone major (cioè le più importanti al mondo) videro sul podio per la maggior parte atleti che indossavano le Vaporfly.
Tutto questo ha portato rafforzato sempre di più l’idea che le Vaporfly diano veramente qualcosa in più delle altre scarpe da running nelle condizioni in cui sono state utilizzate dagli atleti d’elitè. Ma non finisce qui.
Il 12 ottobre 2019 Eliud Kipchoge corre per la prima volta una maratona sotto le 2 ore (1h59’40”, primato comunque non omologabile per le condizioni in cui è stato corso); con che scarpe ha corso secondo voi?
Non ha usato le Vaporfly, ma le Alphaply Prototype, un prototipo (sempre della Nike) con un’altezza di 51mm sul tallone (11mm in più delle Vaporfly) e 41 mm sull’avampiede; queste erano dotate di una tecnologia che non sfruttava solamente i principi strutturali delle Vaporfly, ma altre innovazioni non rivelate (ovviamente) dalla casa produttrice.
Infatti, all’inizio del 2020 la IAAF emana un documento in cui viene regolamentato l’utilizzo delle calzature da running in gara, per “preservare l’integrità della competizione d’élite assicurandoci che le scarpe indossate dagli atleti d’élite in gara non offrano assistenza ingiusta o vantaggio”.
Sintetizzando, dal 30 Aprile 2020 saranno vietate in gare su strada:
- Tutti i prototipi: una scarpa, per essere indossata in gara, dovrà trovarsi in commercio da almeno 4 mesi.
- L’altezza a livello del tallone (Heel height) non potrà superare i 40 mm.
- Non dovrà avere più di una piastra rigida nell’intersuola.
Malgrado questo potesse sembrare un giusto “giro di vite” per evitare che le scarpe da running diventino qualcosa di più simile a dei “trampoli” piuttosto che a delle calzature vere e proprie, alla fine risultò un “colpo al cerchio e un colpo alla botte”.
Con questi nuovi parametri vengono definitivamente bannate le Alpha Prototype (quelle usate solamente per il record sotto le 2 ore), ma non le Vaporfly (quelle indossate in tutte le altre gare).
Questo, probabilmente perché nel 2020 si sarebbero dovute disputare le olimpiadi (poi rinviate) e la maggior parte degli atleti fecero il tempo di qualificazione con le Vaporfly; bannando queste calzature, si sarebbe dato un vantaggio enorme a chi, fino a quel momento ,avrebbe avuto l’opportunità di usarle.
In questo modo si è dato a tutti la possibilità di usare queste scarpe per qualificarsi alle Olimpiadi.
Provate ad immaginare gli ultimi Km della New York Marathon, con i saliscendi in Central Park, dove solitamente gli atleti fanno la differenza, giocandosi a volte per poche decine di secondi i primi 3 posti sul podio.
La vedreste con lo stesso interesse se ci fosse il dubbio (o forse la certezza) che potesse essere il tipo di calzatura a fare la differenza in quel momento, piuttosto che il talento, l’impegno in allenamento o il temperamento dell’atleta stesso?
Che ne sarebbe della credibilità dello sport che più di altri è alla portata di tutti?
Ricordatevi che stiamo parlando di una disciplina che si contraddistingue dalle altre per il fatto che sono riusciti ad emergere atleti provenienti da alcune delle zone più povere del mondo, malgrado l’assenza di attrezzature e competenze tecniche di particolare rilievo.
Con questo non si vuole dare la colpa alla Nike di aver inventato una scarpa in grado di abbattere la concorrenza per almeno 3 anni; probabilmente già gli altri marchi nel 2019 hanno messo a disposizione dei loro atleti dei prototipi con caratteristiche similari che poi nei prossimi anni saranno commercializzati.
Il fatto è un altro, ed è puramente tecnico: 40mm di spessore di limite (l’attuale limite imposto dalla IAAF) sono un’infinità, nel quale ogni casa costruttrice può giocarsi fin troppo la tecnologia a vantaggio del proprio atleta. In questi anni il beneficio l’hanno avuto gli atleti sponsorizzati dalla Nike, ma nel futuro potrebbero averlo quelli dell’Adidas, o quelle dell’ASICS; le stesse Vaporfly, indossati da atleti diversi possono dare miglioramenti differenti (dallo 0 al 6%…il 4% solo la media).
Allora vogliamo che, tra gli atleti d’elitè, vinca chi ha la fortuna di avere “le scarpe giuste” e “il miglior adattamento alla calzatura”?
I risultati sportivi devono avere un significato.
In altri sport come la F1, è diverso, ma perché sempre stato così.
La ricerca dell’equipaggiamento ideale per il proprio atleta è un diritto delle case produttrici (e fa parte dell’innovazione), ma le federazioni (in questo caso la IAAF) dovrebbero mettere dei paletti più severi, affinchè possa esserci la certezza (o per lo meno provarci) che le differenze dovute alla tecnologia non siano superiori alle differenza tra atleta ed atleta.