INDICAZIONI PER L’ALLENAMENTO
Per ogni podista esiste un range di scarpe ottimali che, per protezione e naturalezza, si adeguano al proprio stile di corsa garantendo un rendimento ed efficienza ottimali.
Alcuni runner possono trovarsi bene con calzature più protettive (come ad esempio i più anziani), mentre altri con scarpe
che si avvicinano, come tipologia, alle minimaliste (solitamente i Top Runner).
Sta all’esperienza e alla sensibilità di ogni podista trovare la migliore soluzione.
soluzione che non è da considerare per tutti “statica”, ma dipendente da quanto è adattabile la propria “macchina da corsa” (sopratutto
nella parte inferiore) agli stimoli indotti dall’allenamento.
Ad esempio, alcuni atleti trovano ottimo giovamento dall’introduzione delle salite (corse ad intensità elevata o
media) nel proprio piano d’allenamento.
Altri beneficiano particolarmente del lavoro in palestra.
Questi sono tutti stimoli allenanti che, se somministrati nella giusta dose, vanno a potenziare le strutture anatomiche e fisiologiche
responsabili nella corsa migliorando la performance.
Sono fondamentalmente degli “stress” in grado di stimolare il corpo ad adattarsi e quindi portarsi ad un livello superiore di performance.
Se però uno stimolo allenante (cioè uno “stress”) diventa eccessivo o inappropriato, non si va verso l’adattamento, ma verso l’infortunio!
L’utilizzo delle scarpe minimaliste rappresenta, come vale per la corsa in salita, la palestra, ecc. uno stress aggiuntivo, che se dosato nella giusta forma (in termini di gradualità e durata) è in grado di creare adattamenti che migliorano l’efficienza di corsa.
La sperimentazione (se supportata da una base scientifica e una valanga di buon senso) è sicuramente una delle armi che può aiutare il podista a trovare la giusta via nell’allenamento.
Ma esiste la garanzia che con l’introduzione in allenamento di queste scarpe ci sia un miglioramento della performance?
La risposta è fortemente dipendente dalla tipologia di runner e nella misura in cui si riesca a dosare la giusta scarpa con i giusti stimoli allenanti.
Dovrebbe evitare di utilizzare questo tipo di calzature:
Chi è in fase acuta o cronica di tendinopatia al tendine d’achille.
Chi soffre di alluce rigido
Dovrebbe invece iniziare con estrema cautela
Chi utilizza plantari (confrontarsi con chi ha fatto il proprio plantare).
Chi ha i piedi piatti
Chi è in sovrappeso
Chi soffre di frequenti problemi al tendine d’achille.
CONCLUSIONI
Nel piede si trovano un numero elevato di propriocettori ed esterocettori, cioè organelli in grado di rilevare la minima
differenza dell’appoggio della pianta al suolo, in relazione alla pendenza e alle caratteristiche del terreno.
Millenni di evoluzione hanno portato a questa “soluzione anatomica” al fine di modulare al meglio, ed in maniera autonoma, forza e
velocità della contrazione muscolare per ottimizzare il passo e la falcata in base alle esigenze atletiche (corsa o cammino).
Sostanzialmente il nostro corpo è di base strutturato per correre e camminare su terreni irregolari e senza particolari ammortizzazioni
(perché limiterebbero la sensibilità propriocettiva del piede).
Le dovute premesse (che sono sostanzialmente il cavallo di battaglia principale di chi sponsorizza le minimaliste come unica soluzione per la corsa ottimale), è ovvio che la realtà odierna nel mondo occidentale è diversa.
Infatti:
Si è abituati sin da piccoli ad utilizzare calzature più o meno ammortizzate, fattori che limitano in parte lo
sviluppo della propriocettività del piede durante la crescita e di conseguenza ci rendono meno adeguati all’approccio minimalista.
La corsa su asfalto non stimola adeguatamente la propriocettività (perché l’appoggio è su una superficie piatta) e richiede un livello di protezione (almeno minimo) dalla durezza del terreno.
Ultimo aspetto, da non trascurare, è la pericolosità di correre scalzi e di incappare involontariamente su
oggetti particolarmente appuntiti.
La conclusione che in questo momento si può trarre è che tra gli estremi (estrema ammortizzazione o correre completamente scalzi), probabilmente esiste la soluzione migliore per ogni runner.
Ogni podista, con esperienza e competenza, può trovare negli anni la scarpa ideale che permette di raggiungere il compromesso ideale tra ammortizzazione e libertà di corsa.
È comunque da ricordare che un adeguato allenamento neuromuscolare, se opportunamente e gradualmente inserito nell’allenamento,
Permette di migliorare la tecnica e l’efficienza di corsa il rischio di infortuni e spostando questo l’equilibrio verso un estremo o l’altro.
Per allenamento muscolare intendiamo tutte quelle strategie di allenamento (salite, allunghi, potenziamento, ecc.) in grado di migliorare la forza specifica delle catene muscolari responsabili della corsa.
Alcuni consigli pratici per chi vuole provare questo approccio:
Iniziare con calzature meno estreme, possibilmente su terreni irregolari (sterrato, sentieri non
pericolosi, erba, ecc.).
L’approccio deve essere più graduale tanto più si corre piano e si è anziani (solitamente dopo i 50 anni c’è una riduzione abbastanza drastica della forza muscolare che limita ancor di più questo approccio).
Iniziare con pochi Km di corsa lenta a settimana; in media servono circa 12 mesi di adeguamento/allenamento per modificare l’equilibrio di forza della catena muscolare interessata.
Per chi è pratico, far precedere il tutto da un periodo di potenziamento a carico naturale e/o con
salite brevi/medie.
Strutturare la programmazione a lungo termine, definendo obiettivi (in termini di miglioramento) a medio/lungo termine e adeguando le strategie successive in base alla presenza o meno di benefici ottenuti.