La programmazione : i punti salienti
La programmazione di un’intera stagione di allenamenti richiede 3 particolari attenzioni:
- effettuare un programma che permetta di incrementare gradualmente la condizione.
- adattare il programma alle caratteristiche dell’atleta
- gestire gli eventuali imprevisti.
Ci soffermeremo particolarmente sul periodo Generale, cioè la prima fase della preparazione, nella quale l’obiettivo è creare quei presupposti su cui costruire la performance specifica aderente al proprio obiettivo.
Durata di una stagione
A chi prende parte a molte gare, immagino sia capitato di arrivare a fine stagione abbastanza demotivato, con la sensazione di avere “poca benzina nelle gambe” e con un calo di condizione.
Questo accade in particolar modo a quei runner che gareggiano frequentemente, soprattutto nei periodi più caldi della stagione o a fine anno.
Ma perché ciò accade?
Ma perché dopo un certo periodo la condizione cala drasticamente e l’organismo non risponde più prontamente agli stimoli allenanti, limitando la performance?
Semplice, perché l’atleta esaurisce la sua “energia adattativa”.
Già dal 1936 Hans Selye (definito il padre della “Sindrome Generale d’Adattamento”) scoprì che i topi, sottoposti a determinati stimoli di stress (come può essere l’esercizio fisico) erano in grado di tollerare sollecitazioni progressivamente superiori, aumentando la loro capacità di adattarsi ad essi (documento originale).
È un po’ come avviene con l’allenamento.
Se i carichi allenanti sono correttamente dosati, con il passare del tempo il runner incrementa il proprio livello di forma (cioè la capacità di tollerare carichi più elevati).
Lo stesso Selye però, vide che dopo un certo periodo di tempo (1-3 mesi) i topi perdevano e peggioravano la capacità di adattarsi agli stimoli stressanti.
Questo fenomeno ha attinenza con il calo di condizione atletica che avviene dopo un periodo di allenamento in cui viene incrementato il carico atletico.
Selye nel 1938, definisce questo fenomeno con la perdita di “energia adattativa”.
In altre parole, dopo un periodo in cui determinati stimoli sono stati incrementati (oltre un certo livello ovviamente), l’organismo non reagisce più ad adattarsi come prima, perché diminuisce la sua “energia adattativa” in riferimento a quello stimolo.
in altre parole, quando si programma la propria stagione, è importante stabilire un inizio, una fine ed un picco di forma
Quante settimane dovrebbe durare una “stagione atletica”?
Per chi corre a livello amatoriale, l’ideale è compreso tra le 16 e le 20 settimane.
Questi 4-5 mesi, sono un lasso di tempo ideale per programmare in maniera efficace una competizione (o un gruppo di competizioni), senza correre il rischio di andare incontro a cali prestativi.
Per chi prepara gare di 5-10 Km, il periodo può essere accorciato anche a 12 settimane.
Ovviamente queste sono solamente indicazioni di base riferite ad una programmazione effettuata correttamente.
Affinchè ciò sia possibile, è necessario seguire alcuni concetti di base:
- Aumentare con gradualità gli stimoli allenanti.
questo perché è stato visto come incrementi troppo repentini del carico allenante (come può essere il chilometraggio settimanale o l’intensità degli allenamenti/gare) possono portare ad un rapido incremento di forma, ma allo stesso tempo un calo altrettanto veloce ed anticipato.
in più si incrementa il rischio di infortuni (Damsted 2019).
In altre parole, è necessario avere pazienza!
- Più gare sono effettuate al massimo dell’impegno e più precoce sarà il calo della condizione; lo vedremo meglio nel prossimo capitolo.
- Come sempre, è da rispettare l’individualità dell’allenamento.
non tutti i runner sono uguali, quindi alcuni possono concedersi stagioni più lunghe, ed altri più corte.
- Iniziare la stagione in condizioni di elevata freschezza atletica(aspetto non banale).
Mi soffermo brevemente sull’importanza di quest’ultimo punto.
Solitamente l’inizio della stagione coincide con la fine del periodo di rigenerazione, cioè una fase in cui il carico allenante è molto basso (o ci si riposa).
Questa fase permette di recuperare le energie psicofisiche, quella che Selye ha definito “energia adattativa”.
Infatti, cosa succederebbe se dopo la fine della stagione precedente si iniziasse immediatamente la successiva?
Succederebbe che il fisico non reagirebbe in maniera funzionale agli stimoli allenanti con la conseguenza di “fare tanta fatica per nulla”.
Con un adeguato periodo di rigenerazione invece, si recuperano le energie psico-fisiche ed alla ripresa degli allenamenti il fisico sarà reattivo (cioè si adatterà velocemente) nei confronti degli stimoli allenanti.
Ma facciamo l’esempio di Eliud Kipchoge, l’attuale primatista del mondo in maratona e autore dell’unica performance sotto le 2 ore in maratona (seppur non omologata).
Eliud dopo una maratona effettua un riposo quasi assoluto per un mese!
“Quando la tua mente è rilassata e in forma, la parte fisica può andare avanti tranquillamente”
Eliud Kipchoge
Ovviamente questa non è la pratica di tutti i Top Runner, altri riposano per periodi inferiori.
Quello che è importante capire è che il primo passo per una buona stagione atletica è un ottimo periodo di rigenerazione!
Ovviamente un amatore non può permettersi di riposare senza correre per un mese (altrimenti la condizione scenderebbe oltremodo), ma sarà fondamentale ridurre il carico di lavoro (meno allenamenti e/o più leggeri) o effettuare sport alternativi.
Nel prossimo capitolo vedremo l’importanza dell’alternanza degli stimoli allenanti.