La fatica nella corsa

La sensazione di fatica è familiare a tutti i podisti, ma anche agli atleti in generale, che si sottopongono a sforzi notevoli e prolungati di resistenza. Nelle gare e negli allenamenti che richiedono impegno capita spesso che la mente cominci a mandare messaggi negativi: “basta, ti prego fermati”, “mi sento sfinito”, “non ce la faccio proprio più”, “è troppo faticoso, sto soffrendo”. La fatica è uno sforzo intenso e prolungato che porta all’indebolimento progressivo delle facoltà di resistenza fisiche o mentali.

Esistono vari tipi di fatica: generale, psicologica, neuromuscolare e da deplezione da glicogeno. In una maratona capita che i podisti, che allungano senza un allenamento specifico, imbattano nel muro del 30° km causato da un repentino esaurimento delle scorte di glicogeno, ovvero il deposito di glucosio che costituisce una riserva energetica importantissima per sostenere il metabolismo corporeo.

Le ricerche evidenziano che il limite mentale sopraggiunga prima dell’esaurimento muscolare, quindi, quando ci ripetiamo che non ce la facciamo più, probabilmente abbiamo ancora abbastanza carburante fisico da poter utilizzare. Durante uno sforzo intenso e prolungato nel tempo, la fatica che si avverte è una sorta di difesa che il corpo attua per non esaurire il glucosio cerebrale. Il glucosio infatti è la benzina che viene consumata sia dai muscoli che dal cervello. Il cervello appena percepisce un leggero calo nel glucosio disponibile per le sue funzioni, immediatamente lancia un allarme che ci fa provare il senso di fatica. Calando il glucosio aumenta la fatica e per andare avanti il runner deve necessariamente forzare i meccanismi biologici mobilitando la volontà e l’autocontrollo regolati dalle aree prefrontali. Gli atleti esperti riescono a mantenere più attiva questa zona della corteccia cerebrale nonostante l’affaticamento e la diminuzione di glucosio. Il loro cervello è così allenato e forte da limitare in entrata persino le percezioni legate al dolore.

Le aree prefrontali sono aree specializzate che mantengono attiva la motivazione verso l’obiettivo, nonostante le difficoltà e la sofferenza e le loro funzioni spingono a “tenere duro”. Quando resistiamo ad una tentazione, quello che sentiamo come sforzo di volontà è il lavoro compiuto dalle aree prefrontali che inibiscono gli impulsi istintivi delle zone più primitive del cervello. Esempio: durante una corsa estrema, un podista vorrebbe fermarsi perchè è sfinito. Il corpo continua a mandargli messaggi di allarme e di tentazione che gli dicono ”non ce la faccio più”. Le sue aree prefrontali si oppongono e combattono la tentazione di fermarsi. Come può fare il podista ad uscire da questa situazione conflittuale? Spostando l’attenzione. L’atleta in crisi si concentra sul compito motorio o si distrae: in entrambi i casi evita di prestare attenzione alle sirene della fatica. La distrazione consiste nel sapersi concentrare e spostare il proprio focus attentivo dall’interno (sofferenza e fatica) all’esterno, dirigendo e concentrando la propria attenzione verso stimoli lontano dalle nostre sensazioni fisiche spiacevoli (es. cantando una canzone, guardando gli spettatori, contando ecc..). La concentrazione va allenata, non è banale decentrarsi prestando attenzione all’ambiente circostante, la maggioranza delle persone ci riesce per pochi secondi e poi ricade nuovamente dentro alle proprie sensazioni interne di dolore.

Oltre a questo esistono delle tecniche utilizzate nei protocolli di Mental Training che permettono di allenare e sviluppare le basi per una solida autoefficacia e resilienza, fondamentali per riuscire per ottenere una performance ottimale. La resilienza è la capacità di persistere, di far durare la motivazione nonostante gli ostacoli e le difficoltà. In generale, per superare la fatica e la sofferenza fisica, le tecniche più utilizzate prevedono il riconoscimento dei propri punti di forza e dei propri limiti, l’individuazione di obiettivi a breve, medio e lungo termine (goal setting), tecniche di pensiero positivo e self-talk, tecniche di concentrazione, tecniche di rilassamento e tecniche di visualizzazione in cui vengono rievocate delle sensazioni provate in una prestazione ottimale precedente (flow).

Viviamo in una società demotivata e demotivante in cui in ogni ambito le prestazioni di eccellenza vengono abbinate al comodo concetto di “talento naturale”, conducendo ad una mentalità deresponsabilizzante che evita la disciplina e l’impegno. Siamo abituati a reprimere la fatica e il dolore, cercando con i farmaci e con ogni mezzo a nostra disposizione di evitarli senza conoscerli e senza fare esperienza con essi, trascurando il loro senso ed il loro valore positivo. Sarebbe utile sviluppare una maggiore tolleranza e gestione della fatica sia nella corsa che nella vita. La fatica è transitoria e si può imparare ad affrontala senza necessariamente passare da allenamenti sfiancanti e controproducenti che conducono soltanto alla sofferenza.

 

Dott.ssa Serena Gallorini

Psicologa E-mail: serena.gallorini@gmail.com

Telefono: 340-5435095

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