Durante l’attività sportiva esperienze, pensieri, distrazioni e sensazioni fluiscono in maniera variabile e
influenzano notevolmente la qualità della prestazione.
E’ importante, quindi, che il runner impari ad esserne maggiormente consapevole per sviluppare un dialogo interno che dia rinforzi potenzianti durante la gara.
Questo non significa che basti pensare positivo (“se pensi positivo, tutto si risolve) quanto il fatto che
allenandosi in maniera diversa, anche il dialogo interno diventi un alleato nella performance.
Durante la corsa i pensieri possono essere diretti verso contenuti non inerenti al compito (dissociativi) o,
viceversa, a contenuti specifici (associativi).
pensieri dissociativi
Sono impiegati più o meno consapevolmente e volontariamente, agiscono come distrattori per alleviare sensazioni di fatica, dolore o noia (si pensi ad esempio agli sport di resistenza o in quelli in cui l’azione si protrae per lungo tempo).
pensieri associativi
Questi, invece, sono diretti al monitoraggio delle sensazioni specifiche dell’attività motoria ed agli aspetti tecnici e
tattici.
Sono in grado, almeno in certi momenti, di elevare notevolmente le potenzialità di prestazione.
Richiedere ai soggetti di concentrarsi sulle sensazioni interne tende ad aumentare la consapevolezza delle
percezioni fisiologiche (battito cardiaco, respirazione, sudorazione) e dei segnali di fatica muscolare.
I maratoneti che adottano strategie mentali prevalentemente dissociative per far fronte ai sintomi della
stanchezza e del dolore fisico spesso ottengono risultati inferiori ad atleti che utilizzano strategie associative.
I corridori di élite sono caratterizzati da monologhi che li aiutano a prestare attenzione ai segnali corporei,
concentrarsi sulla tattica di gara e mantenersi consapevolmente rilassati.
Ciò consente di distribuire adeguatamente lo sforzo ed eventualmente notare segnali corporei di dolore che allertano sulle possibilità di
infortunio.
Piuttosto che propendere in maniera assoluta per una delle strategie è meglio considerare i
vantaggi di entrambe ed utilizzarle in maniera integrata.
Corridori di fondo passano frequentemente da una strategia all’altra durante la corsa per gestire le risorse personali:
associativa per controllare il ritmo, dissociativa per lasciare che la prestazione si realizzi in modo automatico.
Schomer (1986) ha riscontrato che maratoneti di successo utilizzano una grande varietà di strategie che vanno da una bassa ad una elevata
concentrazione interna.
Man mano che l’affaticamento diventa più intenso o lo sforzo più elevato aumenta anche la proporzione di focus interno (pensiero associativo).
I maratoneti dimostrano anche una chiara preferenza per strategie associative durante la gara e dissociative (od una mescolanza di entrambe) in
allenamento.
Più la gara è percepita importante e più i soggetti tendono ad utilizzare pensieri associativi.
Questo potrebbe spiegare la differenza fra esperti e principianti:
i primi sarebbero più inclini alle strategie associative in quanto attribuiscono maggiore significato alla competizione.
La transizione dal pensiero casuale al pensiero controllato e collegato al compito va realizzata in maniera
graduale e sistematica, come d’altra parte qualsiasi strategia mentale o procedura di allenamento che
persegua effetti duraturi.
Robazza C, L. Bortoli, G. Gramaccioni “La preparazione mentale nello sport” – Edizioni Luigi Pozzi 1994.
Per domande, approfondimenti o curiosità contattatemi alla mail: serena.gallorini@gmail.com
Dott.ssa Serena Gallorini
Psicologa, Psicoterapeuta, esperta in Psicologia dello Sport