Come calcolare il ritmo gara dalle performance precedenti
Questa operazione viene richiesta quando si affronta una gara di una lunghezza mai efettuata.
Stessa cosa può essere necessaria quando è da tanto tempo che non si effettuano certe distanze, e la condizione attuale è differente da quella che era quando si era affrontata l’ultima volta quella determinata competizione.
facciamo qualche esempio:
Desidero partecipare ad una competizione di 15 Km, distanza alla quale non ho mai preso parte. 2 settimane fa ho preso parte ad una maratonina.
A che ritmo devo impostare la velocità di gara?
Non ho mai preso parte ad una maratona, ma conosco il mio primato sulla mezza:
quanto devo correre più lentamente la maratona rispetto alla mezza?
- Ho corso diverse gare di 10 Km in questo periodo, e tra un mese voglio partecipare ad una maratonina;
che ritmo gara devo impostare?
- Ho corso la mia ultima maratona 10 anni fa; quest’anno ho corso 2 mezze maratone e voglio prepararmi per una maratona.
Per impostare il ritmo gara devo basarmi principalmente sulla velocità di gara della mia ultima maratona o sulle ultime prestazioni sulle mezze?
Questi sono tutti dubbi leciti a cui può andare incontro un runner, ai quali è fondamentale dare risposta il più possibile realistica, visto che sappiamo tutti (basta basarsi sulla propria esperienza personale) quanto possa essere deleterio partire in gara con un ritmo errato (soprattutto se eccessivo).
Ma è meglio gareggiare “a sensazione” o con l’uso del cronometro?
l’esperienza e la percezione delle sensazioni in gara giocano un ruolo fondamentale nell’impostazione soggettiva del ritmo gara; ma attenzione, queste condizioni sono valide solamente per le distanze sulle quali si gareggia con frequenza, come possono essere le competizioni su strada di 10 Km.
Quando si prende parte a manifestazioni alle quali non si corre con frequenza e regolarità, allora è necessario anche calcolare il ritmo gara; infatti, in queste condizioni correre a sensazione comporta il rischio di partire troppo forte, con un inevitabile calo (più o meno evidente) nel finale.
Ma andiamo ora a fare qualche esempio, almeno in uno dei quali tutti possano ritrovarsi:
un runner con caratteristiche intermedie che corre i 10 Km in 39′ (quindi un RG di 3’54″/km) avrà un RG teorico sulla mezza compreso tra 4’12”-4’22″/Km
Un runner con caratteristiche veloci, ma con lo stesso primato, avrà un RG teorico sulla mezza compreso tra 4’17”-4’27”/Km.
Un podista con caratteristiche intermedie che corre i 10 Km in 50’ (quindi un RG 5’00”/Km) avrà un RG teorico sulla mezza compreso tra 5’18”-5’38”/Km.
Per runner con caratteristiche veloci, e con lo stesso tempo sui 10 Km, si considererà un ritmo compreso tra 5’32” e 5’48”/Km.
Ovviamente questi dati vanno presi come “Cum grano salis” (cioè con un pizzico di buon senso), perché, ogni atleta ha andamenti della performance diverso dall’altro.
Ma andiamo ora a vedere quali altre caratteristiche possono influenzare il tempo teorico calcolato.
Come visto sopra, il calcolo è più affidabile quando la distanza di riferimento è la metà (o anche di più) di quella da calcolare; ad esempio può andare bene usare il tempo della mezza per estrapolare quello della maratona.
Usare invece il tempo dei 10Km (sempre per la maratona) è estremamente azzardato.
Altro aspetto importate da considerare è l’età.
Se si è over 40 (ancor di più se si ha più di 50 anni) è necessario tenerlo in considerazione.
Ovviamente se tra la data della gara di riferimento (usato per il calcolo) e quella della competizione che andiamo a preparare ci sono meno di 5 anni, anche in questo caso non sono da fare aggiustamenti.
Piccoli aggiustamenti sono necessari se si è over 40 e ci sono più di 5 anni tra le 2 competizioni; in questi casi è possibile diminuire la velocità di gara teorica aumentando il tempo al Km dello 0.2-0.5% all’anno.
Ma facciamo un esempio: se ho estrapolato un RG di 4’17/Km prendendo spunto da una gara fatta a 47 anni (e ora ne ho 57), dovrò aggiungere il 2-5% a tale velocità, cioè tra 5 a 13”/Km.
Quale gara usare come riferimento?
È meglio usare il proprio primato o l’evento più recente? Bella domanda!
Il buon senso vuole che si utilizzino i dati dell’evento più recente e che dal punto di vista probabilistico presenti una condizione atletica paragonabile a quella della competizione che si andrà a correre.
È fondamentalmente un fatto di onestà nei propri confronti: è inutile (ad esempio) usare come riferimento un primato personale, quando magari si è da poco reduci da uno stop, da un infortunio, o se non si ha avuto la possibilità di allenarsi adeguatamente.
Se invece si vuole avere un dato più oggettivo, si può fare la media del Ritmo gara estrapolato dalle 3 gare più recenti.
Altro fattore fondamentale è il tempo che si ha avuto per allenarsi.
abbiamo visto come un periodo preparatorio per una competizione possa durare idealmente 16-20 settimane (anche 12 settimane se si tratta di gare di 5-10 Km).
Questi sono i tempi necessari per preparare al meglio un evento!
Ma facciamo l’esempio della preparazione di una maratona autunnale usando come riferimento il tempo impiegato in una maratonina primaverile in cui si ha stabilito il proprio primato.
Ovviamente non posso pretendere di ottenere il tempo calcolato con sole 5-6 settimane di preparazione.
La maratona è un evento in cui alcune variabili che incidono sulla performance richiedono diverso tempo per essere stimolate, quindi se si vuole ottenere il meglio, è necessario rispettare i tempi necessari per la preparazione.
Di contro, è molto più semplice se si “scende” verso una distanza inferiore: ad esempio se ho fatto il mio “primato” sulla mezza e voglio replicare sui 10 Km, probabilmente bastano veramente pochissime settimane per velocizzare i ritmi a tal punto di ottenere il meglio anche sui 10000m.
Ma perché è importante stabilire un ritmo gara?
È importante per evitare di correre la prima metà di gara (o nei primi 2/3) ad un’intensità troppo elevata, che vada a compromettere la velocità nella seconda parte e di conseguenza il tempo finale!
Attenzione, questa non è una considerazione banale; leggendo il prossimo capitolo capirete perché correre in negative split (cioè la seconda parte della gara leggermente più veloce della prima) permetta al runner di ottimizzare le risorse fisiologiche di cui dispone, in particolar modo nelle competizioni di una certa durata.