ll riscaldamento è una fase importante dell’allenamento (e del pre-gara), che l’atleta dovrebbe essere in grado di organizzare e gestire, affinchè riesca a godersi al meglio la corsa, anche dal punto del risultato cronometrico.
questo vale sia per i runner agonisti, che per chi corre per puro piacere di farlo.
Ma perché è così importante?
- Perché prepara alla fase fondamentale dell’allenamento (o alla gara stessa); quante volte ci si accorge di andare in affanno respiratorio ad inizio di una competizione o alla prima ripetuta di un allenamento, percependo un livello di fatica talmente elevata da far pensare “ma chi me lo fa fare?”. Questi possono essere gli effetti di un riscaldamento fatto in maniera superficiale.
- Perché minimizza il rischio di infortuni: “stretching si” o “streching no”? Quante volte si legge o si sente dire che lo stretching possa limitare nel breve termine l’elasticità (e quindi la tecnica di corsa)…e quante volte invece un po’ di allungamento aiuta a ridurre leggermente il senso di ipertono muscolare tipico della corsa di prima mattina. Allora, come comportarsi? In questo articolo vedremo come comportarci, in relazione anche al rischio di infortuni.
- Perchè adegua lo stato dell’organismo all’allenamento che si deve fare. Il riscaldamento per una corsa lenta di rigenerazione è lo stesso per un allenamento di ripetute? Prepararsi ad un allenamento di mattina presto (magari con una temperatura che rasenta lo zero) è la stessa cosa che avviarsi a correre in una calda serata estiva? Ovviamente sono due condizioni differenti, e per questo motivo è necessario sapersi adeguare.
In questo primo articolo, vedremo il protocollo ideale per riscaldarsi, con le relative varianti necessarie per adeguarsi al tipo d’allenamento, allo stato di forma e di attivazione.
In questo modo potrai evitare tutti quegli errori che possono rendere disagevole i primi momenti degli allenamenti per poterti godere la tua corsa al massimo del tuo stato di forma.
- Le 3 fasi del riscaldamento
- Riscaldamento pre-gara: prepariamo anche la testa
- Dubbi, domande e risposte
- Conclusioni finali
Le 3 fasi del riscaldamento
La necessità è quella di avere un protocollo standard con varianti che permettano di adeguarsi alle situazioni in cui ci si trova; non ci dilunghiamo sugli effetti fisiologici e biochimici del riscaldamento.
Possiamo affermare che gli effetti del riscaldamento non riguardano solo il “sentirsi caldi”, ma il preparare le caratteristiche visco-elastiche dei muscoli, lo scorrimento delle superfici articolari, facilitare gli scambi gassosi, ottimizzare l’attività cellulare, ecc.
A livello scientifico, è stato visto come per prepararsi al meglio sia necessario:
- Inserire esercitazioni di stretching dinamico
- Attivare le catene muscolari (in particolar modo la stiffness) tramite esercitazioni specifiche
Ma approfondiamo brevemente questi 2 punti importanti.
La review di Opplert et al 2018, analizzò l’esito di diverse ricerche scientifiche in cui venivano comparati 3 protocolli di riscaldamento diversi: uno con all’interno stretching statico, l’altro con allungamenti balistici e l’ultimo con allungamenti dinamici-controllati.
La conclusione è stata che gli allungamenti dinamici-controllati sono quelli che, nel riscaldamento, offrono le migliori garanzie.
Nel nostro articolo dedicato all’allungamento funzionale abbiamo visto quali siano i 3 movimenti fondamentali da inserire nel riscaldamento, cioè il natural squat, il single leg deadlift e gli affondi.
Altro aspetto essenziale che emerge dalle ricerche scientifiche è la necessità di stimolare la stiffness neuromuscolare, cioè la qualità responsabile dell’elasticità muscolare.
Di conseguenza, gli allunghi rappresentano la forma allenante ideale, meglio se preceduti da movimenti (come gli A-skip) in grado di innalzare in maniera selettiva proprio la stiffness.
Alla luce di queste considerazioni, possiamo ora stabilire quale debba essere il protocollo di riscaldamento ideale.
Nel prossimo articolo analizzeremo altri aspetti….