Ogni stimolo allenante richiede una fase di ristabilimento/recupero affinché possa tramutarsi in incremento del potenziale prestativo.
Infatti, sarà capitato a tutti di effettuare carichi allenanti importanti, ma che non hanno dato i risultati sperati.
In tutti questi casi, si “ha fatto tanta fatica per nulla” e si è incrementato drasticamente il rischio di infortuni.
Alimentazione, qualità del sonno, terapie fisiche, indumenti compressivi, integratori e metodi di rilassamento sono tra le strategie più comuni per affrontare al meglio la pratica del recupero.
In questo articolo approfondiremo (appoggiandoci alla letteratura scientifica) le variabili che possono garantire un miglior ristabilimento dell’organismo tra un carico di lavoro e l’altro.
Questo argomento è molto vasto ed ho deciso di suddividerlo in più parti per rendere migliore la lettura.
Nell’immagine sotto, potete vedere gli elementi del recupero che andremo ad approfondire.
Prima di andarle ad analizzare uno ad uno, cerchiamo di comprendere in maniera chiara, cosa significa “recuperare”. Di seguito il sommario di questo articolo:
Cosa significa recuperare (Anabolismo e Catabolismo)
Osservate bene la figura sopra, perché offre una rapida semplificazione di come il ciclo “seduta di allenamento ð recupero” induca gli incrementi prestativi voluti quando si pratica sport (Supercompensazione).
Il Catabolismo indotto dalla “seduta di allenamento” rappresenta lo stimolo biologico necessario affinché avvengano i processi responsabili dell’Anabolismo e quindi il miglioramento dello stato di forma.
Di conseguenza, non può esserci Anabolismo, senza Catabolismo!
Di norma, un atleta più allenato, recupera più velocemente rispetto ad un atleta meno allenato, ma esistono importanti variabili che possono influenzare il recupero.
Infatti, è intuitivo immaginare, come errori nell’allenamento (come quella di aggiungere eventuali carichi di lavoro quando l’organismo non ha ancora recuperato appieno, cioè quando non si ha ancora raggiunto la fase di supercompensazione) possano compromettere l’incremento della condizione atletica.
Un recupero più “rapido” allontana il rischio che la successione frequente dei carichi allenanti possa compromettere gli adattamenti responsabili dell’incremento dello stato di forma.
Basti solo immaginare che per chi, ad esempio, si allena solamente 2-3 volte a settimana.
In questo caso il tempo di recupero è sicuramente sufficiente al ristabilimento delle risorse energetiche/strutturali (anabolismo), ma potrebbe rappresentare una frequenza di stimolo non sufficiente per ottenere performance elevate e comparabili a chi si allena con maggior assiduità.
Questo perché gli stimoli allenanti che si svolgono in successione, cadrebbero nella fase discendente che segue la supercompensazione.
Ne consegue che la pratica del recupero, assume importanza significativa quanto maggiore è la frequenza con la quale ci si allena e quanto più elevati sono i carichi di lavoro.
Ma passiamo ora dalla teoria alla pratica, cioè andiamo a vedere quali sono le variabili che hanno maggiore influenza sul ristabilimento del proprio organismo dopo uno stimolo allenante.
Stile di vita, alimentazione e sonno rappresentano fattori cardine per il recupero per qualsiasi atleta, con qualsiasi livello d’allenamento, perché rappresentano le fondamenta essenziali per la salute psico-fisica.
Trascurare in maniera significativa questi aspetti mette a rischio non solo i miglioramenti ottenibili con l’allenamento, ma anche lo stato di salute.
Chi si allena poche volte a settimana (ad esempio 3), con tutta probabilità non avrà bisogno di implementare alcuna pratica del recupero oltre agli elementi sopra esposti.
Chi, per entità del carico e frequenza degli allenamenti, rischia di non recuperare adeguatamente tra uno stimolo allenante e l’altro, può avere la necessità di implementare la fase di recupero con alcuni elementi pratici che andremo a vedere nei prossimi articoli.