Perché correre in negative split è la condizione ottimale per la performance (di durata), e perché molti runner effettuano il contrario
Nello studio di Diaz et al 2014 venne confrontato l’andamento delle migliori prestazioni mondiali in maratona (dal 1989 al 2014) con quelli del periodo precedente (dal 1967 al 1988).
Venne visto come nei record più recenti la distribuzione dello sforzo era più uniforme e la seconda parte è stata corsa ad un’intensità leggermente superiore (si parla comunque di pochi secondi al Km) rispetto alla prima.
Nei record più datati invece (dal 1967 al 1988) la seconda parte della competizione è stata corsa più lentamente della prima, in alcuni casi anche con cali evidenti dopo il 25°/30° Km.
Questa inversione di tendenza è probabile sia dovuta ad un miglioramento della conoscenza e della pratica dell’allenamento della maratona; tutto ciò evidenzia come, con tutta probabilità, un atleta adeguatamente allenato alla distanza sia in grado di ottenere il meglio da se stesso tenendo un ritmo il più possibile costante e correndo la prima metà leggermente più lenta (di qualche secondo al km) della seconda.
Questo aspetto, evidenziato nello studio appena presentato, può trovare un razionale fisiologico in virtù delle ultime ricerche sui metabolismi energetici.
Senza addentrarci eccessivamente su aspetti legati alla biochimica è importante comprendere come sia stato dimostrato (Shulman et al 2001 e Shulman 2005) che nella prima parte di uno sforzo a ritmo costante (anche molto basso) il consumo di glicogeno è maggiore rispetto alle altre fasi.
Di conseguenza, se si fa l’errore di partire troppo velocemente, il consumo di questo importante substrato energetico (glicogeno) avviene in maniera più veloce rispetto ad una partenza maggiormente in linea con il tempo finale (o leggermente più lenta).
In sostanza, è possibile affermare che impostare la competizione in leggera progressione (cioè in minimo negative split) consente di ottenere tempi migliori rispetto ad una partenza più veloce.
È quindi importante riflettere su questo aspetto alla partenza di una competizione.
Questo ovviamente è valido nel caso in cui ci si presenti alla partenza con una sufficiente Capacità di gara, cioè avendo fatto un percorso d’allenamento adeguato a supportare la distanza.
Questo aspetto non è banale quando si preparano gare oltre i 20 Km.
Ma quali sono i margini (in termini di secondi al km) rispetto al ritmo gara teorico da adottare nel caso in cui si volesse correre in negative split?
In altre parole, nel caso in cui io debba affrontare la competizione ai 4’40”/Km, è meglio partire ipoteticamente a 4’43”/Km o 4’46”/km o 4’50”/Km? Risponderemo a queste domande nei prossimi capitoli, nei quali vedremo anche tutte le variabili da considerare nell’impostare il ritmo gara.