Oggi affrontiamo un aspetto sulla metodologia d’allenamento estremamente importante, ma spesso sottovalutato, cioè quali metodi danno maggiori garanzie di risposta allenante rispetto ad altri.
Mi spiego meglio: ogni aspetto relativo all’allenamento può generare dei benefici con maggiori o minori probabilità.
Se, ad esempio, io faccio eseguire ad un gruppo di runner dei lavori di balzi alternati, non tutti avranno degli adattamenti positivi; alcuni ne trarranno beneficio (in questo caso, atleti RESPONDER), mentre altri atleti (quelli con meno forza muscolare ) potranno avere affaticamenti marcati o addirittura rischieranno di infortunarsi (atleti NON RESPONDER).
Alla luce di queste considerazioni è lecito chiedersi: quali metodi garantiscono la maggior percentuale di “atleti RESPONDER” se non conosco perfettamente le caratteristica dell’atleta (o degli atleti) in questione?
- Quando alleno gruppi di atleti numerosi e non posso individualizzare gli stimoli
- Se sono un atleta amatore (ad esempio un runner) e sono “allenatore di me stesso”
- Ad inizio preparazione o se si decide di incrementare il carico allenante rispetto al passato
- Quando non conosco ancora le caratteristiche di un atleta
- Se si vuole ridurre il rischio di infortuni
La risposta alla domanda di sopra (quali sono gli stimoli che determinano una percentuale maggiore di rsponder?) ci viene dalla bibliografia internazionale; i mezzi allenanti che generano maggiori “responder” sono quelli che formano il volume d’allenamento aerobico e le esercitazioni per la forza massima.
Ciò non significa che debbano essere gli unici mezzi allenanti da utilizzare, ma è necessario tenerne assolutamente in considerazione nei casi sopra citati.
Stimoli aerobici
In media 1 adulto su 5 è non responder se si seguono le linee guida per incrementare la propria fitness cardiorespiratoria (Montero et al 2017) e se la potenza aerobica è misurata con un test incrementale.
Ma la colpa è dei “non responder” o delle linee guida?
Nell’immagine sotto potete vedere quanti responder corrispondono al numero di allenamenti settimanali.
Com’è possibile vedere, all’aumentare del numero di allenamenti aerobici, diminuisce il numero di non responder; addirittura, con 4-5 allenamenti a settimana sono tutti responder. Non solo, incrementando di 2 allenamenti a settimana i “non responder”, diventavano tutti “responder”.
Che significato ha questo studio?
È molto semplice, che l’incremento del volume d’allenamento (a pari intensità) fornisce maggiori probabilità di un incremento di condizione se si tiene in considerazione un gruppo eterogeneo; attenzione, ciò non significa che per tutti gli atleti sia la soluzione migliore (per alcuni, ad esempio potrebbe essere più proficuo un incremento dell’intensità), ma che questo approccio dia maggiori garanzie in termini probabilistici.
Questo concetto deve essere tenuto altamente in considerazione in tutte quelle condizioni elencate ad inizio articolo, e che vedete nell’immagine sotto.
Non a caso, è risaputo da diversi decenni che l’allenamento polarizzato è quello più utilizzato proficuamente negli sport di endurance a livello professionistico; in parole semplici, l’allenamento degli sport di resistenza è caratterizzato da un elevato volume a bassa/moderata intensità (almeno l’80% degli allenamenti totali) ed un ridotto volume (inferiore al 20%) ad alte intensità.
Questo è stato confermato anche a livello generale (cioè considerando anche gli amatori) nello studio di Emig et al 2020, nel quale vennero analizzati circa 1.6 milioni di allenamenti di circa 14000 runner, giungendo alle conclusioni che i runner che percorrevano più Km erano quelli più performanti, ma allo stesso tempo erano quelli che correvano, in allenamento, ad una percentuale più bassa della propria velocità di gara.
Forza massima come garanzia di responder
Se il volume aerobico è la tipologia di stimolo maggiormente efficace (in termini di percentuale di responder) per le qualità metaboliche, il lavoro di forza massima lo è per gli stimoli delle qualità neuromuscolari.
In uno studio effettuato nel 2021, Roberto Colli vide come in un gruppo di pallavoliste gli stimoli di Forza massima (step up) furono gli unici a garantire un miglioramento evidente di questa qualità in tutte le atlete coinvolte; contrariamente avvenne per gli altri tipi di stimoli legati alla forza esplosiva.
Sempre per quanto riguarda l’esplosività, le pallavoliste che partivano da livelli più bassi, avevano avuto miglioramenti meno marcati o addirittura nessun miglioramento.
Questo dimostra come i livelli di partenza (a pari condizioni di allenamento) siano un buon indicatore dei possibili miglioramenti grazie alla pliometria.
Le considerazioni valgono ovviamente per questo gruppo di atlete.
Anche in atletica leggera (fondo e mezzofondo), gli allenamenti per la forza massima si sono rivelati i più efficaci per lo sviluppo delle qualità neuromuscolari e la performance.
Secondo gli studi di Carmelo Bosco (più volte citati dal professor Colli), la Forza massima si allena con tempi di contrazione superiori a 700-800 ms, con in massimo impegno volontario (o comunque molto elevato).
Per questo motivo, sono sufficienti poche serie/ripetizioni per uno stimolo allenante adeguato.
Gli esercizi utilizzati sono solitamente lo squat o derivati da questo movimento, proprio perché è la catena estensoria quella più deputata a tollerare le maggiori sollecitazioni negli sport in cui la corsa è lo sforzo predominante.
Le sedute “classiche” (riportate in bibliografia internazionale) prevedono 3-5 ripetizioni con un carico superiore all’85% con recupero 3-5’. La frequenza con la quale viene consigliata questa tipologia di allenamenti è di 2 a settimana per incrementare i livelli di forza (con ovvie differenze dovute alla casistica), nel periodo preparatorio.
Ma per il mantenimento sono sufficiente anche una seduta ogni 2 settimane.
È comunque ovvio che questo tipo di carichi sono standard e devono essere aggiustati in base alla disciplina e all’atleta.
Inoltre, quando si parla di allenamenti per la Forza massima, è che gli stimoli sono (con volumi non elevati) perlopiù di natura neurogena, cioè non vanno ad incidere sulla massa muscolare, aspetto interessante soprattutto per chi pratica discipline di resistenza.
Ultimo aspetto da considerare, è che i lavori di forza massima lasciano adattamenti definiti dall’impronta che per tempo (700-800 ms) ed intensità (massimale) lasciano nel sistema muscolare e nervoso.
Quello che è importante capire, è che non è necessario sollevare pesi particolarmente elevati, ma organizzare i movimenti in maniera tale che la “difficoltà” esecutiva e la biomeccanica del movimento rispettino questi requisiti (tempo ed intensità). Inoltre, devono portare via meno tempo e risorse psicofisiche possibili all’allenamento della disciplina.
Nel prossimo articolo valuteremo quali sono gli stimoli allenanti per il runner (responder)