GLI ESERCIZI DI ORTON

I piedi sono l’unico punto di contatto tra il corpo e il terreno durante la corsa.

Sono quindi responsabili dell’assorbimento degli urti, della propulsione e della stabilità.

Quello che emerge dalla bibliografia internazionale, sull’importanza del piede nella corsa, dovrebbe far riflettere sull’assoluta rilevanza del corretto allenamento di questi elementi per la performance e per la riduzione del rischio di infortuni.

Infatti, in una gara di 10 Km, dopo 2 Km diminuisce il lavoro prodotto dalle caviglie ed incrementa quello di anche e ginocchia, peggiorando l’economia di corsa.

Di fatto, quelli del complesso piede/caviglia sono i muscoli che si affaticano più precocemente  perché sono sottoposti ad uno sforzo relativo superiore rispetto a quelli delle altre articolazioni.

Studi che hanno introdotto il potenziamento di questi muscoli (plantaflessori), compresi quelli delle dita, hanno evidenziato un miglioramento della forza orizzontale (Goldman et al 2013).

Non solo, è stato visto che con il passare degli anni sono questi i gruppi muscolari che perdono maggiormente forza ed efficienza (Kulmala et al 2014Paquette et al 2018Devita et al 2016); la conseguenza è che la falcata diventa più corta, ed incrementa lo sforzo relativo (Willy et al 2019).

In altre parole utilizzo una porzione più elevata della mia forza massima, aumentando il rischio di sovraccarichi, affaticamenti e di conseguenza di infortuni (Dilnot 2019).

Un lavoro accurato di forza della muscolatura che agisce su caviglie e piedi aiuta a limitare lo scadimento di efficienza della falcata del runner e a ridurre il rischio di infortuni (Taddei et al 2020).

La “bella notizia”, è che con un adeguato allenamento di potenziamento si è in grado di ridurre i deficit che emergono con il passare dell’età; non solo, runner che hanno evidenti lacune possono anche migliorare la propria performance.

 

 protocollo Orton il migliore per semplicità ed efficacia

Nell’immagine a lato vediamo la maggior parte dei muscoli planti-flessori, cioè quelli che si inseriscono su piede e caviglia ed hanno compito propulsivo e di stabilità.

Immagine tratta dall’archivio multimediale gratuito di Wikimedia Commons

Quello più voluminoso è il tricipite surale, formato da soleo e gastrocnemio; questo parte dalla gamba (tibie, perone e femore) e si inserisce nel tendine d’achille.

Esistono comunque tanti altri muscoli che partono sempre dalla gamba e si inseriscono sul piede, come muscoli localizzati esclusivamente nel piede.

Quello che è importante capire, è che tutti questi muscoli sono importanti perchè contribuiscono alla stabilità ed alla spinta del piede (Kelly et al 2019Riddick et al 2019).

 primo aspetto metodologico:

è fondamentale potenziare questi muscoli scalzi, senza scarpe!

Intendo “potenziare” questi muscoli senza indossare le scarpe, non correre scalzi.

Questo perché se usassi le scarpe (per potenziare i piedi) lavorerebbe maggiormente il tricipite (soleo e gastrocnemio) perché la “fatica” di quelli che si inseriscono sul piede sarebbe parzialmente assorbito dalla presenza della calzatura.

Le conseguenze dell’uso delle scarpe, sarebbe quella di creare uno squilibrio di forza tra il tricipite e gli altri muscoli; questo potrebbe incrementare il rischio di infortuni all’achilleo perché correndo lo sforzo sarebbe prevalentemente a carico del tricipite che si inserisce su questo tendine.

Anche il rischio di fasciti plantari incrementerebbe, perché questa struttura sarebbe costretta assorbire il carico della volta plantare in assenza di una muscolatura efficiente a carico del piede.

 secondo punto metodologico :La caratteristica dell’esercizio

Io scelgo un esercizio isometrico.

Molti potranno ipotizzare come un lavoro statico sia poco specifico verso uno sforzo dinamico come la corsa. Ma la bibliografia internazionale dice proprio l’opposto, cioè che i lavori isometrici sono efficaci per migliorare forza ed elasticità dei plantaflessori (Albracht et al 2013Lum et al 2023).

Non solo, studi approfonditi sul comportamento dei muscoli del tricipite hanno permesso di comprendere come nella corsa la parte centrale dei muscoli lavori in modo prevalentemente isometrico (cioè modifica minimamente la sua lunghezza), mentre siano invece i tendini ad allungarsi/accorciarsi, accumulando e rilasciando energia elastica.

Non a caso, la maggior parte dei muscoli plantaflessori hanno tutti almeno un tendine molto lungo, in grado di accumulare e rilasciare energia elastica (detti energy store tendon).

Altri muscoli, come quelli del bacino (come il gluteo) hanno tendini molto corti, a testimoniare che questi muscoli lavorano in maniera meno elastica modificando maggiormente il proprio ventre muscolare; sono detti anche positional tedon.

Danny Lum, uno dei ricercatori più autorevoli per quanto riguarda gli allenamenti isometrici, afferma come l’allenamento pliometrico (andature, balzi, ecc.) è più efficace per l’elasticità muscolare, mentre quello isometrico per quella tendinea.

Ho quindi scelto la parte iniziale il protocollo Orton  in quanto è estremamente semplice ed allenante per quanto riguarda muscoli e tendini dei plantiflessori.

Ma andiamo ora a vedere in cosa consiste questo protocollo.

In cosa consiste il protocollo Orton

 

Per semplificarne l’esecuzione, utilizzeremo una normale pedana per la propriocezione (invece che la sua “balance board”).

Potenziamento piedi runner

Nell’immagine sopra vedete la prima variante; si tratta di appoggiare la parte anteriore del piede (avampiede) sul piano inclinato formato dalla pedana, e rimanere in equilibrio grazie anche all’ausilio di 2 bastoni; vanno bene anche 2 manici di scopa di uguale lunghezza.

Le gambe devono essere mantenute normalmente dritte, ma non rigide.

Per ogni posizione (mantenuta per 30”) si alterna il destro con il sinistro. In altre parole, per ogni piede si effettuano 3 serie di 30”; ad ogni serie corrisponde una posizione.

La progressione esecutiva per il potenziamento dei muscoli del piede è molto lunga; prevede:

  1. Le 3 posizioni (per gamba) che abbiamo visto sopra, con 2 bastoncini. Si parte da 30” e si incrementa gradualmente il tempo fino ad arrivare a 2’. Una volta arrivati a 2’ si passa allo step successivo
  2. Come sopra, ma con un solo bastoncino; si effettuano 2 serie di 30” (una con il bastone nella mano destra ed uno con la sinistra), fino ad arrivare gradualmente a 2’ per serie. A questo punto si passa alla fase 3.
  3. Senza bastoncino; 3-5 serie per posizione, partendo da 30” per arrivare ad un minuto.
  4. Le fasi successive prevedono dei movimenti di flesso estensione della gamba non in appoggio per stimolare ulteriormente l’equilibrio.
  5. L’ultima parte prevede di cambiare tipo di pedana, scegliendone una molto più instabile.

Come accennato sopra, in parallelo a questa esercitazione troviamo tanti altri esercizi, in particolar modo per il core.

Personalmente ho voluto concentrarmi solamente sull’esercizio base (fino al “punto 3”) perché è quello che ritengo più utile e semplice per il potenziamento dei piedi.

Quello che offre in più rispetto a tanti altri lavori, è l’assenza di scarpe che permette di lavorare in maniera più efficace su tutta la muscolatura del piede, compresa quella delle dita.

Se tutti i miei muscoli del piede sono forti, allora sarà più difficile andare incontro ad infortuni da sovraccarico (tendiniti, fasciti, ecc.) perché il carico, mentre corro, sarà distribuito su tanti muscoli che lavorano in maniera efficiente.

Non solo, il fatto di mantenere l’equilibrio in una condizione di instabilità (è sufficiente provare per farsi un’idea) stimola molto di più la muscolatura. In più, utilizzando 3 posizioni diverse si va incontro all’esigenza del piede, strutturato per adattarsi a condizioni variabili, e non solo quelle di camminare per strada con scarpe eccessivamente protettive.

Ma come inserire questo protocollo nel proprio programma di allenamento?

Fermo restando che questo tipo di programma andrebbe prescritto e visionato (almeno le prime volte) da personale qualificato, riporto sotto un approccio che utilizzerei in maniera ipotetica con un runner in buone condizioni di salute.

  • Per almeno un mese lo farei eseguire solo una volta a settimana (la modalità più semplice), possibilmente nei primi giorni della settimana e non nelle 48 ore che precedono un allenamento impegnativo. In questo periodo, valuterei attentamente le sensazioni i giorni successivi alla seduta; se si percepissero affaticamenti, ridurrei la durata delle posizioni.
  • Successivamente (quando l’atleta se la sente), farei incrementare di 5-10” la durata delle posizioni ogni 2-3 settimaneLe sensazioni dell’atleta sono fondamentali come guida per questo tipo di scelte.
  • Una volta arrivato a 1’ per posizione senza fare fatica, passerei alla fase 2, cioè con solo un bastoncino. Attenzione, in questo caso le serie si raddoppiano perché ogni posizione va fatta con il bastoncino nella mano destra e successivamente nella mano sinistra. Di conseguenza, farei ripartire da 30” a posizione. Lo stimolo allenante incrementa notevolmente perché l’equilibrio dato da un solo bastone è inferiore. L’aumento del carico deve essere sempre a discrezione dell’atleta, dettato dall’assenza di fastidi ed affaticamenti.
  • Una volta arrivato ad 1’, passerei alla fase 3, cioè quella senza bastoncini. Farei sempre comunque almeno una serie di 30” con 2 bastoncini di “riscaldamento” ad inizio seduta. Successivamente 2-3 serie di 10” per posizioni senza bastoncini. L’incremento del carico (settimana dopo settimana) deve essere estremamente graduale fino ad arrivare a 30” per serie.

Nel caso in cui insorgessero fastidi, soprattutto all’inizio, fermerei il programma consigliando la visita da uno specialista in quanto probabilmente sussisterebbero fattori di rischio (muscolari, posturali, ecc.) per un infortunio.

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